"Buttane" |
L’amico della notte che mi accompagna, il mio Virgilio all’inferno, le chiama “buttane”. Non indulge al politicamente corretto, non cerca sostituzioni o approssimazioni. E’ un ragazzo schietto. Dice che le cose le pronunci per come le senti, se sei buono. E forse è meglio così. Prostitute. Meretrici. Passeggiatrici. La finta pietà del disprezzo dispone di un vocabolario asettico per tenere a bada il dolore, per trasformarlo in neutra categoria sociale. Buttana è sostantivo di carne, sudore e sangue. Si avverte il peso della vita maleodorante, a malapena coperto da un profumo di pochi spiccioli. C’è stata la retata tra i protettori delle rumene, nel loro dominio, nella zona del porto di Palermo. Hanno ammanettato pure due poliziotti. Uno dei due, con i gradi sulla giacca, avrebbe protetto, rassicurato e consumato. Soldi e sesso per ricompensare i suoi efficaci servigi. Eppure, stasera sembra che la guerra non sia mai stata dichiarata. Pare che le volanti mai abbiano solcato il marciapiede. Le buttane sono al loro posto, secondo il ticchettio di un invisibile orologio nell’ufficio a cielo aperto. Ci sono le rumene, le africane e i trans. Dal porto fino a via Lincoln lo spazio è diviso in settori, controllati da coloro che regnano e sovrintendono. In via Crispi, tocca alle rumene. Le nigeriane sono sistemate più su, agli incroci con via Messina Marine. I trans passeggiano nella repubblica indipendente di via Lincoln. Sono operati. Quaranta euro in macchina, cinquanta in un appartamento vicino. E’ la tariffa stabilita da una sorta di comitato dei prezzi. E non si sgarra. Dietro le buttane di Palermo – trans, nigeriane, ragazze dell’est, c’è sempre il respiro di un po’ di mare. L’amico della notte – giubbino alla Fonzie, sguardo da bambino – conosce alla perfezione luoghi, riti e dislocazioni. E li indica mentre viaggiamo su una macchinaccia da papponi, involontaria mimetizzazione. Oltre il cancello dell’autorità portuale, c’è una prima e improvvisata alcova. Si passa con l’auto. Unica preoccupazione? Alla fine dell’amplesso col cliente di turno è meglio ripulire. Portare via carta e preservativi. Il secondo angolo dell’intimità è dietro la parrocchia di Santa Lucia. Qui il decoro è un optional. La sozzura è evidente. I profili si mescolano dentro un abitacolo. Si entra e non si esce dall’altra parte. Mai. I ritrovi mercenari praticano il senso unico. Esci da dove sei entrato, se non vuoi sfondare il muro. Secondo la guida, Virgilio nel girone dei peccaminosi e dannati, non è un caso. Nessun imbarazzo. Le manette non hanno fermato il flusso di domanda e offerta. A quest’ora, sul lungomare e altrove, gli affari sono affari. Sul marciapiedi raccogliamo storie che puzzano di disperazione, oltre il paravento di un nomignolo a luci rosse. Luana pratica il sadomaso, magari gratis, perché le piace. Isobel il trans ricorda ancora il suo nome da maschio. Se il cliente non paga, o paga male, gli strappa di mano le chiavi. E lo ricatta. La gemellina rumena ha avuto una brutta avventura l’anno scorso. A un tale si è rotto il preservativo sul più bello. Lei ha avuto paura. Lui l’ha scaraventata sull’asfalto, sgommando in cerca di una via di fuga. Loredana batteva col pancione. Ora è magrissima. Chissà che fine ha fatto il bambino. Francesca, trans operata, ha la bottega in via Lincoln. E’ bellissima. Ogni tanto dal centro piombano i travestiti di via Manin, che sognano temerarie conquiste. E con i trans volano le botte. Una racconta di non provare piacere. Solo un leggero brivido, mentre fa qualcosa che lei si ostina a chiamare amore in un italiano smozzicato. Stasera c’è il safari a Palermo. Caroselli di allupati carovanieri irrompono dal buio, seguendo l’illusione necessaria di una scossa al bassoventre. L’elettricità del prima raccoglierà gli stracci nello squallore del dopo. Figure in penombra contrattano il salario del sesso. Da via Crispi a via Messina Marine è una processione di stivaloni e volti truccati. I compratori valutano il sedere, il seno, le gambe. Quarti di corpi, messi in mostra sugli scaffali della macelleria che si sporge sul mare. Nessuno guarda gli occhi. Gli acquirenti si dividono porzioni inerti di femmina, quelle che riescono a sopportare. Gli occhi delle buttane sono pieni di anima. Indivisibili. Gli occhi sono tutto, ma non piacciono ai viaggiatori della notte. Agli uomini che domani si consoleranno con l’assoluzione di un innocente caffè, da padri, mariti e figli delle donne, alla luce del giorno.
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