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Totò Riina |
MILANO - Un "parafulmine" su cui ricadono "tutte le disgrazie", ma anche "una persona seria che quindi non parla". Così si è definito Totò Riina, capo dei capi di Cosa nostra, che stamani è stato interrogato dal gip di Milano Stefania Donadeo per rogatoria, perchè a suo carico due giorni fa è stata emessa una nuova ordinanza di custodia cautelare dai magistrati di Napoli con l'accusa di aver ordinato la strage del rapido 904 che il 23 dicembre 1984 provocò 16 morti. Riina, interrogato nel carcere milanese di Opera, si è avvalso della facoltà di non rispondere e quindi non ha voluto dire nulla in merito alle accuse. A quanto si è appreso, però, il boss avrebbe pronunciato soltanto poche parole, spiegando di sentirsi come un parafulmine su cui ricadono tutte le disgrazie. Alle domande del giudice però non ha voluto rispondere perché "io sono una persona seria - avrebbe detto - e quindi non parlo". Riina inoltre ha raccontato anche di avere problemi di cuore e di fegato, ma di essere lucido mentalmente, nonostante le non buone condizioni fisiche.
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