sabato, aprile 30, 2011
Convegno nazionale della Fillea-Cgil a Palermo: aziende confiscate alla mafia, primato in Sicilia
PALERMO - Le aziende confiscate alla criminalità organizzata, in Italia, nell'ultimo anno, sono state 1.377, di cui 54 a titolo definitivo. Quelle in gestione anche da destinare, e per lo più inattive, invece 232, vale a dire il 16,8 per cento del totale complessivo. Sono alcuni dati forniti dall'Agenzia nazionale sui beni confiscati, nel corso della giornata di studi organizzata in collaborazione da Fillea e Cgil con il Centro La Torre. Secondo i dati, l'84 per cento delle aziende confiscate rientrano in tre categorie principali: srl (643), imprese individuali (325) e società in accomandita semplice (199). La regione con il maggior numero di aziende confiscate è la Sicilia, dove dato arriva a toccare il 37,6 per cento; seguono Campania (19,6), Lombardia (14,2), Calabria (8,2) e Lazio (8). Le aziende uscite dalla gestione controllata sono 431, pari al 31,3 per cento del totale. Per 250 di loro è stata ottenuta la cancellazione dal Registro delle imprese; per 123 è stata conclusa la procedura di scioglimento e messa in liquidazione. Le restanti, che rappresentano il 4,2 per cento del totale uscito dalla gestione, sono riconducibili alla fattispecie della vendita (45) e della revoca della confisca (13). Sul fronte dei rapporti bilaterali, l'agenzia è attiva in Argentina e Spagna: a livello comunitario, collabora con la Commissione europea. In particolare è in programma a Roma la visita di una delegazione argentina per arrivare alla firma di un protocollo d'intesa con le autorità per avviare forme di collaborazione sull'utilizzo dei beni confiscati. Tra le situazioni patrimoniali che producono reddito, e che rientrano tra i beni in carico all'Agenzia nazionale dei beni confiscati, sono stati citati il 'Lido dei ciclopi' di Catania e la società 'Strasburgo srl' di Palermo. Tra le situazioni più difficili l'hotel San Paolo di Palermo, una struttura con 354 stanze, che subisce perdite in seguito a difficoltà di mercato. Molto complesso risulta, infine, il sequestro dei beni riconducibili a Massimo Ciancimino.
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