Angelo Provenzano con l'avv. Rosalba Di Gregorio |
PALERMO - Continua la scia polemica aperta dalla pubblicazione, sul magazine Rcs Sette, di un'intervista al figlio di Bernardo Provenzano, Angelo, nella quale quest'ultimo denuncia le precarie condizioni di salute del padre rivendicando per lui una pena diversa dalla detenzione. Il senatore Beppe Lumia, componente della Commissione antimafia, aveva subito replicato invitando il figlio del boss a convincere il padre a collaborare, anziché invocare clemenza per lui. Ma alle, dure, parole di Lumia, replica oggi con una lettera che di seguito pubblichiamo, l'avvocato Rosalba Di Gregorio, legale di Provenzano.
LA LETTERA - «Ho letto sugli organi di informazione la “lettera aperta” del senatore Lumia ad Angelo Provenzano. Mi spiace davvero che le interviste del giovane Provenzano abbiano suscitato tale reazione del parlamentare del Pd. Mi spiace perché, indirettamente, ciò può mettere in imbarazzo gli organi di stampa e me ne scuso, ma mi spiace ancor di più per i contenuti del messaggio del senatore. Il figlio del boss mafioso, che ha studiato e non vive nell’800, ritenendo di vivere in una società progredita, non invoca alcuna clemenza, ma interviene sollecitato da giornalisti (che non è andato a cercare) sul tema della salute che, nel nostro Stato di diritto è, appunto, un diritto anche dei detenuti, perfino quelli al 41 bis».
«Le “pesanti responsabilità” di Bernardo Provenzano», continua la legale, «sono valutate dai giudici nei processi penali e la sua detenzione è affidata al circuito del 41 bis. I “conti”, perciò, deve farli Bernardo Provenzano, non Angelo Provenzano che non ha nessun conto da pagare verso la società. Oltremodo pesante e vorrei dire minaccioso mi appare, dunque, il messaggio espresso, neppure troppo velatamente, dal senatore Lumia: se Angelo Provenzano non “convince” il padre a collaborare diviene “complice” dei segreti del padre, appalesandosi “omertoso”!? Di più ancora: senza tale opera di convincimento, il signor Angelo Provenzano (e tutta la sua famiglia, compresi i discendenti) non potrà riscattarsi dalla “maledizione”! L’accusa di omertà e complicità spetta alla magistratura che fino ad oggi l’ha esclusa, sicché l’affermazione del senatore Lumia non può che configurarsi come calunniosa».
«Sul piano “umano”», conclude l'avvocato Rosalba Di Gregorio, «i figli di Provenzano scontano già da anni la “maledizione” che una parte della società progredita, quella diversa dall’800 regala anche a chi non ha colpe proprie. Sul piano “morale” mi permetto una osservazione e una domanda: i figli dei “pezzi deviati delle Istituzioni e della politica” sono, anche loro, maledetti dal senatore Lumia e da coloro che ne condividono il pensiero? Come mai il senatore non si rivolge maledicente anche ad essi, accusandoli di complicità, omertà e, dunque, etichettandoli come mafiosi?».
Redazione online
08 marzo 2011
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