Bernardo Provenzano |
A stroncare Simone Provenzano è stata una malattia cardiaca di cui soffriva da tempo. Non aveva precedenti penali, ma era stato processato, assieme ai fratelli Bernardo (già all’epoca latitante), Giovanni e Salvatore, a Bari, e assolto per insufficienza di prove, come tanti altri mafiosi, il 10 giugno del 1969. Il fratello del boss era sospettato di avere fornito un alibi falso al più famoso fratello e di avere contribuito a fornire le armi per un attentato contro Francesco Paolo Streva, successore del medico Michele Navarra nello schieramento contrapposto a quello di “Binu”, di Luciano Liggio e Totò Riina. Trasferitosi in Germania nella prima metà degli anni ‘70, Simone abitò in un paese del Land tedesco del Nordreno-Westfalia per 31 anni.
A Natale del 2000, a casa sua, fu realizzato un blitz della polizia italiana e tedesca, perché gli investigatori ritenevano che, assieme ai congiunti di Bernardo, la compagna Benedetta Palazzolo e i figli Angelo e Francesco Paolo, a trovare lo “zio Simone” fosse andato lo stesso superlatitante. I sospetti erano acuiti dal fatto che i figli del boss si esprimevano correttamente in tedesco: il dubbio che la famiglia avesse trascorso un periodo della latitanza in Germania, prima di rientrare a Corleone, nella primavera del 1992, a ridosso delle stragi di Capaci e via D’Amelio, aveva dunque un fondamento. Simone Provenzano era stato più volte ricoverato in ospedale e questo aveva consentito, cinque anni fa, di effettuare la comparazione del suo Dna con quello del fratello, operato sotto falso nome a Marsiglia, nel 2003: era stato cosi’ confermato ciò che avevano raccontato i pentiti, e cioè che effettivamente Provenzano era riuscito a beffare tutti i suoi “cacciatori”. Di lì a poco, l’11 aprile 2006, il capo di Cosa nostra venne catturato: nel suo covo di Montagna dei Cavalli la polizia trovò dei pizzini da cui emergevano fortissime frizioni con Simone, per questioni di interesse e di soldi, e anche per motivi strettamente personali, di rivalità tra i due fratelli.
LiveSicilia, 11.12.2010
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