Rimettere al centro il lavoro con l’attività sindacale e «ricostruire nel Paese la capacità di indignarsi». «Perché sono tornati schiavitù e sfruttamento, perché i giovani vanno verso il futuro con un debito troppo alto, perché le donne sono tornate ad essere merce». La Cgil di Susanna Camusso vuole «provare a parlare ai sentimenti della ragione, non alla pancia», tornare a quegli elementi di civiltà che il Paese sta perdendo: «Non riesco a pensare - dice - che non ci sia stato un dopo Rosarno». Già. Lei, Camusso, indignata lo è già e a chi le chiede del governo, di un governo tecnico o delle elezioni, prima cerca di essere diplomatica, «un governo in carica è sempre un interlocutore», poi va all’attacco: «La sensazione prevalente è che più governano e più fanno danni. Quindi prima vanno a casa, meglio è». Chiara e netta. «La scelta sta al presidente della Repubblica, nel rispetto della Costituzione», aggiunge. Sala riunioni del quarto piano del palazzo di Corso d’Italia, Susanna Camusso è leader della Cgil da poche ore. Non siede ancora nell’ufficio del segretario, il trasloco è in corso. Ha davanti una pila di testi di agenzia con i messaggi e gli auguri che vengono da ogni parte. Da Palazzo Chigi? «Ho avuto una bellissima telefonata dal sottosegretario Gianni Letta». I superlativi per il governo si fermano qui. «Mettere il lavoro al centro del Paese presuppone anche il confronto con l’esecutivo, la Cgil vuole il confronto. Ma in due anni e mezzo non ci sono stati tavoli degni di questo nome, solo incontri clandestini. E con i processi brevi e i lodi non si risolvono le grandi questioni». Anche Emma Marcegaglia, altra donna alla guida di una grande organizzazione, accusa il governo e parla di un paese paralizzato. Ma dice che il voto sarebbe la peggiore delle soluzioni. «Io invece penso che la peggiore delle soluzioni sia un governo che non governa e che sta facendo quello che sta facendo». Non fa sconti la neo leader, neanche quando le si fa notare che, a proposito di tavoli, qualcosa si sta muovendo e anche la Cgil, con le imprese e con gli altri sindacati ha raggiunto un accordo di massima su quattro punti da inviare a Tremonti con annessa richiesta di incontro. Un governo non è sempre un interlocutore? «Ogni governo in carica lo è. E infatti da oltre due anni chiediamo ostinatamente cose e continueremo a farlo. Lo faremo anche con la manifestazione del 27 novembre, nel rispetto reciproco dei ruoli, noi siamo un sindacato, sappiamo qual è il nostro. Ma se mi si chiede un giudizio politico dico che è meglio che vada a casa». Prima del 27 ci sarà il lancio di una grande campagna per i giovani e una iniziativa per il lavoro pubblico dove le elezioni per le rsu «di rinvio in rinvio rischiano di saltare». La rappresentanza e la democrazia sono un terreno sul quale la Cgil di Susanna Camusso giocherà la partita determinante dell’unità sindacale. «È una necessità. Ma oggi la crisi con Cisl e Uil è la più profonda di sempre. Per questo servono regole e formali modalità di riconoscimento della rappresentanza. Stiamo lavorando a una proposta, la faremo a Cisl e Uil e anche alle imprese, pensiamo a stringere un rapporto pattizio. Senza rinunciare, ma in seguito, a una legge». Ottimista? «Sono combattuta - confessa - Ho visto cose inaccettabili, incontri clandestini, rotture come quella sulla scuola avvenire tre ore dopo una manifestazione unitaria... Se penso a questo sono pessimista. Ma abbiamo anche siglato 50 contratti unitari, migliaia intese aziendali unitarie. Quindi si può tentare».
L’Unità, 04 novembre 2010
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