Stando alle parole dell'assessore per la Salute, Massimo Russo che venerdì ha annunciato la chiusura razionale a partire dal prossimo anno - così come previsto dal Piano sanitario regionale - di tutti i punti nascita che effettuano non più di 500 parti l'anno, in provincia di Palermo quelli che rischierebbero la riconversione sarebbero quattro: il «San Raffaele-Giglio» di Cefalù (466 parti nel 2009 di cui 221 vaginali e 245 cesarei); il «Dei Bianchi» di Corleone (246 parti: 99 vaginali e 147 cesarei); il «Civico» di Partinico (312 parti: 150 vaginali e 162 cesarei) e il «Madonna dell'Alto» di Petralia Sottana (128 parti: 51 vaginali e 77 cesarei). Si salverebbe in extremis, stando ai «numeri» il «Cimino» di Termini Imerese (507 parti: 198 vaginali e 309 cesarei). Non entrerebbe in questa graduatoria l'«Ingrassia» dove nel 2009 sono stati effettuati 685 parti (253 vaginali e 432 cesarei). L'assessore Russo ha pure precisato precisato che ci potranno essere delle eccezioni, da valutare sulla base di una serie di parametri, come ad esempio distanze, tipologie di strade e tempi di percorrenza. «Ci troveremo ad affrontare le proteste di quelle comunità interessate, ma a noi interessa la salvaguardia dei cittadini. Infatti svilupperemo la rete del servizio d'urgenza per le partorienti e i neonati, così come previsto dal nuovo Piano sanitario regionale - ha spiegato l'assessore -. Siamo arrivati ad un giro di boa fondamentale. La Sicilia è la seconda regione, dopo la Campania, per numero di parti cesarei, con il 52% di nascite tramite intervento chirurgico. Si inserisce quindi tra le ultime per il rispetto degli indicatori nazionali, ecco perché siamo tra le prime regioni ad avere adottato un provvedimento che equipara il costo di un parto cesareo a quello naturale».
La Sicilia, 05/09/2010
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