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Pasquale Scimeca |
Venezia. Bastano pochi titoli. "Fronte del porto" (1954), "La valle dell'Eden" (1955) e "Il ribelle dell'Anatolia" (1963). E il nome di Elia Kazan risuona di un'eco che rievoca il grande cinema americano. Quello struggente e appassionato che ha fatto conoscere al mondo due miti come Marlon Brando e James Dean. Indimenticabili, come i film di un uomo che ha davvero fatto la storia di Hollywood. Basta questo per spiegare "A letter to Elia" di Martin Scorsese e Kent Jones, presentato ieri Fuori Concorso. Non un documentario, non un omaggio cerimonioso o celebrativo, ma una lettera sincera e affettuosa che Scorsese ha voluto dedicare al suo Maestro "involontario", scomparso nel 2003. A colui che, semplicemente attraverso i suoi film, lo ha spinto ad avventurarsi nel mondo del cinema e a diventare regista. Tanto che, ripercorrendo vita e carriera di Kazan, con una dichiarata preferenza per "Fango sulle stelle" (1960), Martin Scorsese compie un viaggio anche dentro la propria storia personale. Per capire che tipo di persona possa imparare ad essere un regista. Una persona dalla pelle dura e dall'animo sensibile e soprattutto in grado di essere se stessa. Sempre. E a riguardare sul grande schermo alcune immagini della filmografia di Elia Kazan, i tagli di certe inquadrature e il ritmo di certi movimenti di macchina, o la magistrale resa interpretativa degli attori, non sorprende affatto che Scorsese ne sia rimasto tanto affascinato da averlo eletto suo Maestro. Con la consapevolezza che si possa imparare più dall'opera di un autore che dall'autore stesso, proprio come è successo a lui. Anche alla luce di un rapporto nato solo dopo essere a sua volta diventato un regista più che accreditato e cresciuto nel tempo senza mai tradire un patto silente per il quale l'allievo non avrebbe mai confessato al maestro quanto i suoi film fossero stati importanti per la propria crescita artistica. una lettera intima, ammirata e commossa, tra racconti in bianco e nero e ricordi a colori. Righe tra le quali l'allievo scrive un ultimo messaggio al suo Maestro, condividendolo con i suoi spettatori. Perché «l'unico modo che ho per dirgli quanto i suoi film abbiano significato per me è continuare a fare film».
Ornella Sgroi
La Sicilia, 5 Settembre 2010
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