Il paeta Ignazio Buttitta |
Studi recenti hanno evidenziato il carattere fortemente selettivo della memoria umana. Oggi si sa molto più di ieri sul suo funzionamento. Si è compresa, soprattutto,la ragione per cui non si può ricordare tutto nella vita, rilevando anche l’utilità della dimenticanza e la sua necessità biologica. Ma ci sono cose e persone che non si possono dimenticare. Tra queste, per me, occupa un posto centrale Ignazio Buttitta. Devo, infatti, in gran parte a lui la mia prima iniziazione politica. Più precisamente ad un suo testo – il famoso Lamentu pi la morti di Turiddu Carnivali – scritto dal poeta nel 1956 , che ho sentito cantare, per la prima volta nei primi anni sessanta, dall’indimenticabile Cicciu Busacca. La voce tagliente di questo grande cantastorie è penetrata nel profondo del mio cuore quando avevo meno di quindici anni e da allora la sento ancora risuonare dentro di me insieme agli splendidi versi del poeta: Ancilu era e nun avia l’ali
nun era santu e miraculi faciancelu acchianava senza cordi e scali
e senza appidamenti nni scinnia
era l’amuri lu so capitali
e sta ricchizza a tutti la spartìa
Turiddu Carnivali nnuminatu
e comu Cristu murìu ammazzatu
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