Michele Aiello |
Era tornato in carcere a gennaio, dopo la sentenza della corte d'appello che gli aveva aggravato la condanna per associazione mafiosa, da 14 anni a 15 anni e mezzo. Michele Aiello, il re mida della sanità privata siciliana accusato di essere stato in affari con Bernardo Provenzano, è nuovamente in libertà: ieri pomeriggio, dopo la decisione del tribunale del riesame di Palermo, ha lasciato il carcere milanese di Opera. Secondo il collegio presieduto da Fabio Marino (giudice relatore, Luisa Anna Cattina), non c'è il pericolo che fugga. Aiello è tornato nella sua Bagheria, ma le ville di Aspra, Santa Flavia e Ficarazzi in cui un tempo trascorreva l'estate sono ormai confiscate. L'ex manager ha solo l'obbligo di presentarsi tre volte alla settimana in commissariato e di non lasciare l'Italia. La scarcerazione di Michele Aiello arriva al culmine di una lunga battaglia giudiziaria. Il primo appello degli avvocati Sergio Monaco e Michele De Stefani era stato respinto dal tribunale del riesame: a marzo, i giudici che componevano quel collegio ritennero che Aiello potesse fuggire. A luglio, la Corte di Cassazione ha invece accolto le argomentazioni della difesa, annullando con rinvio il provvedimento dei giudici di Palermo. Il 23 luglio scorso, il tribunale del riesame è tornato a valutare il caso Aiello: la decisione è stata depositata ieri mattina. I giudici sostengono che l'imprenditore abbia mantenuto sempre un comportamento inappuntabile durante il periodo degli arresti domiciliari, concessi per motivi di salute dal 26 marzo 2004, quattro mesi dopo il blitz della Procura e dei carabinieri, e mantenuti fino al 3 novembre 2006. Poi, Aiello era tornato in libertà, mantenuta anche dopo la condanna di primo grado. Il mese scorso, l'imprenditore è stato ricoverato al centro clinico di Opera, ma prima di qualsiasi cura è arrivata la scarcerazione. Sono così tutti i liberi i protagonisti della rete riservata di Michele Aiello, che avrebbe carpito notizie riservate di indagini antimafia per passarle ai boss. Nonostante la corte d'appello abbia aggravato il verdetto: 7 anni, invece di 5 per l'ex presidente della Regione Totò Cuffaro (oggi senatore), con l'aggravante di aver favorito Cosa nostra; 8 anni, invece di 7 per l'ex esperto di microspie del Ros, Giorgio Riolo (che si è dimesso dall'Arma), condannato per concorso esterno in associazione mafiosa e non più per favoreggiamento. L'ex maresciallo della Dia, Giuseppe Ciuro (tornato nei ranghi della Finanza), ha scelto di essere giudicato col rito abbreviato e l'originaria accusa di concorso esterno è diventata favoreggiamento semplice. Così, dei 4 anni e 8 mesi della condanna 3 sarebbero scontati con l'indulto. Ciuro attende adesso il verdetto definitivo della Cassazione. Ad Aiello sono stati invece confiscati beni per 800 milioni di euro.
Fonte: a Repubblica
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