Il capo della sezione catturandi di Palermo è stato stroncato a 44 anni da una malattia fulminante. Ha guidato l'operazione "Gotha" che ha scardinato i vertici di Cosa nostra, fino alla cattura dei due superlatitanti. Maroni "un esempio di coraggio e generosità"
Il giorno dopo avere arrestato Gianni Nicchi, enfant prodige arrivato ai vertici di Cosa nostra giovanissimo, era di nuovo alla scrivania, circondato dai ragazzi della sua squadra. "Non possiamo mollare. Il lavoro prosegue", rispondeva sorridendo a chi gli chiedeva perchè non fosse a casa a smaltire stress e notti insonni. A Mario Bignone, 44 anni, capo della sezione catturandi della Mobile di Palermo morto all'alba dopo una malattia fulminante, non piaceva atteggiarsi a eroe. Lavorava con passione, senza risparmiarsi, senza guardare mai l'orologio. Una carica contagiosa, la sua. In grado di trascinare un gruppo di agenti disposti a qualunque sacrificio pur di arrivare al risultato. Che avesse il carisma del leader era evidente. Ai suoi uomini lo legava la complicità che unisce chi condivide ansie, a volte frustrazioni, emozioni. Ma anche pericoli. Convinto, dopo molte insistenze, a raccontare ai giornalisti l'arresto di Nicchi, ultimo di una lunga serie di straordinari successi della sua sezione, aveva preferito far parlare i suoi uomini. "Chiedete a loro - diceva - Sono loro che hanno fatto tutto". Per tenere a freno l'entusiasmo dei "ragazzi", ancora a mille per l'adrenalina, gli bastava uno sguardo. Mario Bignone sapeva pesare le parole, sempre attento a non dire nulla che potesse compromettere un'indagine, ma disponibile e cordiale con i giornalisti.
Napoletano e forse anche per questo dotato - dice Maurizio de Lucia, pm che ha lavorato con lui per anni - "di ironia verso la vita", è entrato in Polizia nel '90. Prima come ispettore, nella sua città, dove ha lavorato per anni alla Omicidi. Un curriculum pieno di promozioni ed encomi, poi la laurea e la nomina, nel 2002, a commissario capo. Il 22 gennaio dello stesso anno è arrivato alla Mobile di Palermo. Nel 2005 è diventato dirigente della Catturandi. "E' stato un grandissimo uomo e un grandissimo poliziotto, - racconta De Lucia - Stimato dai magistrati e venerato dai suoi uomini". E a testimoniare il valore di uno "sbirro" schivo - alle conferenze stampa solo l'invito del questore a prendere la parola gli faceva superare l'abitudine di stare un passo indietro - sono i risultati delle sue indagini. Da "Gotha", l'operazione che ha scardinato i vertici di Cosa nostra, alle catture, nell'inverno scorso, dei superlatitanti Mimmo Raccuglia, che gli ha portato la promozione per meriti speciali, e Gianni Nicchi.
Forte anche nella malattia - "l'ha affrontata con forza e dignita", ha detto il capo della polizia Antonio Manganelli che domani parteciperà al funerale celebrato in cattedrale - ha lavorato fino alla fine. E nella lettera inviata al Capo della polizia per esprimere il proprio dispiacere per la morte di Mario Bignone, il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, lo definisce un poliziotto molto preparato ma soprattutto un "esempio" per i suoi uomini "di coraggio e generosità". Mario Bignone lascia la giovane moglie, Giovanna. L'ha sposata in ospedale, dopo aver saputo quanto fosse grave la sua malattia.
La Repubblica, 21.07.2010