di Chiara Zappalà
Non è stato il plebiscito che qualcuno si aspettava. Con il 95% degli aventi diritto al voto a scegliere tra un sì e un no sull’accordo su Pomigliano, vince il sì, ma con il 62,2%. Il ministro del lavoro Maurizio Sacconi, che ieri notte aveva parlato di vittoria «schiacciante» del sì si sarebbe dovuto ricredere. E invece no. «Il fatto che il 62% si sia pronunciato a favore – ha detto Sacconi – è un dato molto importante, che sarebbe assurdo sminuire perché anche solo il 51%, sarebbe stata comunque una vittoria». E chissà se è vero che Sergio Marchionne «ha apprezzato il largo consenso che ha avuto», come ha raccontato il segretario Cisl Raffaele Bonanni.
È finito alle quattro di notte lo scrutinio del referendum nello stabilimento campano. I sì all’accordo tra Fiat e sindacati, esclusa la Fiom, sono stati 2.888, i no 1.673, le schede bianche 22 e quelle nulle 59. I lavoratori che hanno votato sono stati 4.642 su 4.881 aventi diritto. Il consenso raggiunge quindi il 62,2%, una percentuale che scende al 59,1% se si fa riferimento agli aventi diritto. Quindi hanno votato per il no il 35,7% dei votanti, in uno stabilimento in cui la Fiom, unico sindacato a non firmare l’accordo, ha una rappresentanza del 20% dei lavoratori.
«L'azienda lavorerà con le parti sindacali che si sono assunte la responsabilità dell'accordo – recita il comunicato della Fiat che commenta il risultato – al fine di individuare ed attuare insieme le condizioni di governabilità necessarie per la realizzazione di progetti futuri». Quindi, rimane fuori la Fiom e resta da capire in cosa consistono questi «progetti futuri», se è vero che il piano su Pomigliano è stato scritto nero su bianco nel documento firmato il 15 giugno e che non esiste un piano C di altra natura.
Se Fim e Uilm sono soddisfatti – ma chiedono che la Fiat ora rispetti l’accordo, come se anche loro avessero il timore di questo piano C – il segretario generale della Fiom Maurizio Landini non fa passi indietro e ha detto: «Si riapra il negoziato, ci sia questa assunzione di responsabilità perchè il consenso è un punto decisivo». Addirittura, mette le mani avanti il segretario generale della Fismic Roberto Di Maulo, «il risultato non sarà purtroppo sufficiente a far mantenere l'impegno di investire in quello stabilimento 700 milioni di euro per produrre la futura Panda. Sarà ineluttabile la decisione della Fiat di portare in Polonia la produzione della Panda e della Ypsilon, con conseguenze sociali impensabili per il territorio di Pomigliano, della Campania, ma anche dell'intero sistema Paese». Lui, il piano C, lo dà per certo.
E protesta anche lo stabilimento di Mirafiori, che pensa di essere il prossimo a dover cedere al ricatto dell’azienda. «È una porcata, è chiaro che se ti chiedono se vuoi lavorare a condizioni peggiori o andare a casa devi per forza accettare», «Stiamo tornando indietro di decenni», «Stanno usando questa faccenda dell'assenteismo come una scusa per far passare delle cose inaccettabili. Se qualcuno fa il furbo andrà punito, ma la cosa deve finire lì», «Stanno toccando tutto, persino mense e ricambi. Non puoi più parlare, qui stiamo discutendo addirittura del diritto di sciopero»: queste sono alcune reazioni degli operai dello stabilimento Fiat torinese, così lontani e così vicini a Pomigliano.
Il Manifesto, 23/06/2010
Nessun commento:
Posta un commento