Epifani, lavoratori "più deboli" e "più ricattabili" - Leggi l'intervista del Segretario Generale CGIL, sul quotidiano 'La Repubblica'. Il Senato approva il ddl lavoro, a rischio "art.18". Epifani, lavoratori "più deboli" e "più ricattabili" - Leggi il testo del DdL. L'intervista del Segretario Generale CGIL, sul quotidiano 'La Repubblica'
Approvato dal Senato, con 151 voti favorevoli, 83 contrari e 5 astenuti, il ddl 'lavoro' che nei fatti mette a rischio l'efficacia dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori. Le norme sull'arbitrato, contenute nel testo passato all'esame del voto, prevedono che le controversie tra il datore di lavoro e il dipendente, qualora specificato nel contratto, possano essere risolte anche in sede di arbitrato, in alternativa al giudice del lavoro, dove sarà presa una decisione “secondo equità” e non sulla base della legislazione. Il Segretario Generale della CGIL, Guglielmo Epifani, in un'intervista a 'Repubblica', parla di una legge, voluta dal Governo, i cui effetti renderanno i lavoratori "più deboli" e "più ricattabili". "L'impressione è che - spiega Epifani - ci sia più di una norma in contrasto con la Costituzione" ed annuncia l'ipotesi di una ricorso. “Il punto vero” prosegue il leader sindacale “è che nel momento dell'assunzione il datore di lavoro può chiedere a un lavoratore di rinunciare alla via giudiziale per la tutela dei propri diritti. E, in quel particolare momento, il lavoratore è più debole e più 'ricattabile'. Per questo potrebbe accettare la proposta, precludendosi per tutta la durata del rapporto di lavoro di ricorrere al giudice”. La Consulta Giuridica del Lavoro della CGIL aveva già denunciato i rischi di questo radicale cambiamento, parlando di un attacco ai diritti dei lavoratori, e di limiti imposti all’azione della magistratura, paventando il rischio concreto di una “controriforma” del processo del lavoro, in una materia particolarmente delicata come quella dei licenziamenti. Per la Consulta Giuridica della CGIL, “gli arbitri possono decidere ‘secondo equità’, che in realtà significa anche poter non tener conto di leggi e contratti, ma solo di un loro ‘buon senso’ e se per di più ciò può essere legittimamente disposto nella lettera di assunzione, nel momento in cui il lavoratore è più debole, se ne capisce il senso di ‘controriforma’”. Inoltre, in una materia particolarmente delicata come quella dei licenziamenti, “il giudice dovrà tener conto delle nozioni di giusta causa e giustificato motivo espresse dalle parti in sede di certificazione; nozioni che, qualora fossero definite nel contratto di assunzione, finirebbero per capovolgere i fondamenti del diritto del lavoro, nato per tutelare il contraente debole nel rapporto di lavoro”.
L’Unità, 04/03/2010
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