di Ignazio Panzica
Un elemento drammatico lega fra loro, costantemente, i vari “delitti eccellenti” commessi dai sicari di Cosa nostra in Sicilia, nei venti anni dal 1970 agli anni 90’. Si tratta di alcuni reperti probatori, di grande interesse processuale,, spesso, risultati scomparsi o sottratti. Probabilmente, perché non restasse nessuna traccia delle verità che stavano per essere scoperte.
Prima della notizia, oggi famosa, “dell’agenda rossa di Paolo Borsellino”, altri oggetti sono misteriosamente scomparsi. La sequenza è lunga. Dagli appunti di Peppino Impastato, alla bobina delle intercettazioni che nel 1980 avrebbe potuto svelare gli affari del “ragioniere” Bernardo Provenzano con un misterioso finanziere. Dagli appunti del prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa, all’agenda del commissario Ninni Cassarà, agli atti di una rogatoria che il capo della sezione Investigativa della squadra mobile aveva inviato per posta in Svizzera. Non si è trovata più, neanche un’altra bobina di intercettazione telefonica che molto avrebbe potuto dire sul ruolo di alcuni insospettabili professionisti palermitani nella morte del consigliere istruttore Rocco Chinnici. Non si è trovata più anche la videocassetta di uno scoop che Mauro Rostagno stava per mandare in onda, come ancora gli appunti delle attività investigative del poliziotto Nino Agostino prima di essere assassinato, i files riservati del computer del giudice Falcone, l’archivio sulle relazioni di Totò Riina custodito nella cassaforte del suo covo (mai perquisito per tempo) di Via Bernini, come pure gli appunti del maresciallo dei carabinieri Antonino Lombardo suicidatosi in caserma. Salvo Palazzolo, giornalista palermitano, attentocronista giudiziario di “Repubblica”, ripercorre i misteri di 24 prove trafugate, nel suo ultimo libro : “I pezzi mancanti, viaggio nei misteri della mafia” (Editori Laterza). Una vera e propria inchiesta giornalistica su ciò che ancora non sappiamo della storia molto attuale di ciò che è stato ed è “Cosa nostra”. Attorno a questo tema della “prove trafugate”, Palazzolo individua, conseguentemente, le tracce di “25 possibili talpe” che avrebbero agito per coprire verità trovate e responsabilità da accertare conclusivamente. Dal 1977 al 1992 i pezzi mancanti sono legati da un’unica trama criminale: quei segreti costituiscono la vera forza dei padrini, pure di quelli finiti, poi, in carcere. Una forza segreta, gelosamente custodita, come una preziosa eredità “strategica” da lasciare a chi verrà dopo di loro. L’esistenza, protratta nel tempo, di questi “segreti”, infatti, continua tutt’oggi ad alimentare nuove fattispecie di complicità e di nuovi ricatti, che ammorbano il quadro di legalità della nostra società civile. Perciò, se non si farà luce, in qualche modo, su questi “pezzi mancanti” della verità giudiziaria, ancora oggi dopo trent’anni di storia patria, non potremo mai pensare che la mafia possa rischiare davvero di essere sconfitta definitivamente. Il libro, appena uscito, non esaurisce l’inchiesta giornalistica su questi “misteri” da parte di Salvo Palazzolo, che prosegue ogni giorno su Internet, sul blog www.ipezzimancanti.it
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