Il segretario del Pd fa tappa nello stabilimento della Fiat in Sicilia. Secondo l'esponente democratico le dieci-dodici proposte di cui si parla sono troppe: "E' meglio che ne arrivi una seria". Sempre Bersani critica la posizione del governo che lega gli incentivi al futuro del sito
TERMINI IMERESE (PALERMO) - Agli operai che incrocia dinanzi ai cancelli della Fiat di Termini Imerese, Pier Luigi Bersani, prima di illustrare le proposte del suo partito, offre parole di ottimismo. «Non molliamo, bisogna avere fiducia e non si deve dare per perso lo stabilimento. Non si può neppure immaginare di chiudere le fabbriche». Il segretario del Pd si presenta all'ingresso della Fiat intorno alle 14, al cambio del turno, dopo che in mattinata ha incontrato a Termini sindacati e amministratori locali. «Il Partito democratico - dice Bersani rivolgendosi agli operai - terrà un tavolo sempre aperto sulla Fiat e su Termini. Non ci stiamo a far passare come naturale o inevitabile la chiusura di questo stabilimento. Non è ammissibile in Europa che qualcuno pensi di chiudere una fabbrica. Lo vogliono fare solo qua in Italia. I governi nazionale e regionale devono essere disponibili a colmare un gap infrastrutturale ma devono anche spingere la Fiat a puntare sulle produzioni avanzate che possono creare davvero ricchezza e occupazione». Quella di Termini, puntualizza il leader del Pd, «è una vicenda che non può essere solo siciliana». Sulle trattative in corso per il futuro dello stabilimento, Bersani sostiene che le dieci-dodici offerte delle quali si parla da settimane sono troppe: «Ne serve una e che sia seria». Il governo finora è stato «molto ingenuo» con la Fiat perché «ha legato il tema degli incentivi alla questione di Termini Imerese». Ma in questo modo «si è fatto dire dalla Fiat che gli ecoincentivi non le importano. Un grosso errore di strategia e di impostazione».
Mentre Bersani parla delle strategie della Fiat un operaio gli porge una maschera di carnevale con l'ad Sergio Marchionne disegnato come Dracula. E un paio di dipendenti sottolineano che la caricatura di cartone avrebbero dovuto farla anche al ministro per lo Sviluppo economico Claudio Scajola. Ma Bersani prova a tenere lo scontro politico lontano dalla sua visita a Termini. Lo fa anche quando gli chiedono di replicare al premier Berlusconi che aveva accusato la sinistra di operare sempre in senso denigratorio e catastrofista. «Abbiamo tanti altri problemi non può essere sempre Berlusconi il centro di una discussione: Berlusconi sì o Berlusconi no, come intende farci fare in queste regionali - afferma Bersani - Non siamo denigratori né catastrofisti, ma ragionevolmente ottimisti e fiduciosi. Non ci piacciono le chiacchiere, le frasi fatte e la propaganda. Negli ultimi 9 anni Berlusconi ha governato 7 anni. E' ora di andare a vedere in che cosa è cambiata in meglio l'Italia». Eppure un pezzo del partito di Berlusconi fa parte di quel governo regionale dentro al quale il Pd potrebbe entrare fra qualche mese. L'attuale giunta di Palazzo d'Orleans è composta da esponenti dell'Mpa di Raffaele Lombardo e del Pdl Sicilia, oltre che da assessori tecnici vicini proprio al Pd. Entreranno ufficialmente i democratici nell'esecutivo siciliano? Bersani risponde: «Non stiamo ponendo la questione di entrare nel governo Lombardo. Noi diciamo: fateci vedere qualche riforma. Noi le stiamo preparando. E in Sicilia sosterremo proprio le riforme, senza porre alcuna questione riguardo un ingresso nell'esecutivo. Esiste una crisi generale in Sicilia in tutti i settori. Vogliamo vedere se in questi due o tre mesi dal governo verranno fuori progetti significativi di riforma. Noi li stiamo presentando su temi cruciali come il credito di imposta, gli investimenti, i rifiuti, i meccanismi elettorali. In questi mesi se viene fuori qualcosa di nuovo e di concreto che i siciliani vedono, anche noi daremo una mano. Non siamo per fare politicismi».
(La Repubblica, 16 febbraio 2010)
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