Minzolini dedica l'editoriale delle 20 all'abolizione dell'immunità parlamentare: "Sanare un vulnus". Lo spunto sono state le dichiarazioni del pm palermitano sull'autonomia della magistratura
ROMA - L'abolizione dell'immunità parlamentare è stata «un vulnus» alla Costituzione, e «c'è da auspicare che sia sanato». E' l'opinione del direttore del Tg1 Augusto Minzolini, che ha dedicato all'argomento un editoriale nell'edizione delle 20. Per Minzolini la riforma costituzionale del '93 fu «un atto di sottomissione» della politica alla magistratura, confermata dall'elezione di numerosi magistrati in Parlamento, con la conseguenza che «il Parlamento non è riuscito a mettere in cantiere una riforma della giustizia». Lo spunto per l'editoriale sono state le dichiarazioni del pm Antonino Ingroia, che Minzolini definisce «un programma politico che Ingroia ha giustificato con la difesa della Costituzione. Solo che la Costituzione che Ingroia vuole salvaguardare - afferma Minzolini - almeno su un punto sostanziale non è quella originale. Nella Carta infatti, insieme all'autonomia della magistratura, i padri costituenti, cioè i vari De Gasperi e Togliatti, inserirono l'istituto dell'immunità parlamentare: non lo fecero perchè erano dei malandrini, ma perchè ritenevano quella norma necessaria per evitare che il potere giudiziario arrivasse a condizionare il potere politico». Insomma, a giudizio del direttore del Tg1, «l'immunità parlamentare era uno dei fattori di garanzia per assicurare nella nostra Costituzione un equilibrio dei poteri. Non fu certo un'idea stravagante: strumenti diversi ma con lo stesse finalità sono previsti in Germania, Inghilterra e Spagna e di un'immunità beneficiano anche i parlamentari di Strasburgo: D'Alema e Di Pietro ne hanno usufruito recentemente».
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