Parla Spatuzza: "I Graviano progettarono un nuovo attentato a Palermo". E in Calabria si riapre l'inchiesta sull'omicidio di due sottufficiali dell'Arma
Palermo. Dopo la strage di Firenze, del maggio 1993, Cosa nostra progettava di uccidere uno dei carabinieri che aveva lavorato con il capitano Ultimo per la cattura di Totò Riina. Lo ha svelato il neo pentito Gaspare Spatuzza ai magistrati di Palermo Antonio Ingroia e Nino Di Matteo che indagano sui misteri della trattativa fra Cosa nostra e pezzi delle istituzioni. I boss Graviano, da sempre vicini a Riina, progettavano un attentato in grande stile: "Giuseppe Graviano voleva colpire le torri di viale del Fante con un camion dei vigili del fuoco carico di esplosivo", ha messo a verbale Spatuzza. «Graviano mi disse che li abitava un capitano dei carabinieri, tale Miranda o Merenda, che in qualche modo aveva avuto un ruolo nella cattura di Riina e che era solito viaggiare a bordo di un'automobile sportiva decappottabile di colore rosso». L'attentato alle "torri", il residence trasformato in caserma dopo le stragi del 1992, doveva essere solo una tappa di una strategia di morte contro i carabinieri. Spatuzza svela che c'era Cosa nostra dietro il duplice omicidio degli appuntati Antonino Fava e Vincenzo Garofalo, trucidati nei pressi di Scilla, nel gennaio 1994. Le dichiarazioni di Spatuzza hanno fatto riaprire l'indagine, alla Procura di Reggio Calabria. Ma come faceva Cosa nostra a sapere di quel capitano che aveva lavorato alla cattura di Riina? Spatuzza dice che Giuseppe Graviano aveva informazioni attraverso "suoi canali". In realtà, l'obiettivo finito nel mirino di Cosa nostra sarebbe stato un maresciallo, in servizio al Gruppo Monreale dei carabinieri, che accompagnò il pentito Balduccio Di Maggio a Palermo, per identificare il luogo esatto dove Riina si nascondeva.
Palermo. Dopo la strage di Firenze, del maggio 1993, Cosa nostra progettava di uccidere uno dei carabinieri che aveva lavorato con il capitano Ultimo per la cattura di Totò Riina. Lo ha svelato il neo pentito Gaspare Spatuzza ai magistrati di Palermo Antonio Ingroia e Nino Di Matteo che indagano sui misteri della trattativa fra Cosa nostra e pezzi delle istituzioni. I boss Graviano, da sempre vicini a Riina, progettavano un attentato in grande stile: "Giuseppe Graviano voleva colpire le torri di viale del Fante con un camion dei vigili del fuoco carico di esplosivo", ha messo a verbale Spatuzza. «Graviano mi disse che li abitava un capitano dei carabinieri, tale Miranda o Merenda, che in qualche modo aveva avuto un ruolo nella cattura di Riina e che era solito viaggiare a bordo di un'automobile sportiva decappottabile di colore rosso». L'attentato alle "torri", il residence trasformato in caserma dopo le stragi del 1992, doveva essere solo una tappa di una strategia di morte contro i carabinieri. Spatuzza svela che c'era Cosa nostra dietro il duplice omicidio degli appuntati Antonino Fava e Vincenzo Garofalo, trucidati nei pressi di Scilla, nel gennaio 1994. Le dichiarazioni di Spatuzza hanno fatto riaprire l'indagine, alla Procura di Reggio Calabria. Ma come faceva Cosa nostra a sapere di quel capitano che aveva lavorato alla cattura di Riina? Spatuzza dice che Giuseppe Graviano aveva informazioni attraverso "suoi canali". In realtà, l'obiettivo finito nel mirino di Cosa nostra sarebbe stato un maresciallo, in servizio al Gruppo Monreale dei carabinieri, che accompagnò il pentito Balduccio Di Maggio a Palermo, per identificare il luogo esatto dove Riina si nascondeva.
(La Repubblica, 06 novembre 2009)
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