PUBBLICHIAMO IL RESOCONTO DI QUELLA INTERVISTA FATTO DAL "CORSERA", CORREDATO DALLA COPERTINA DI "PANORAMA" DEL 7.12.1995
PALERMO . La figlia del boss condanna la mafia. Un sermoncino di poche parole, scontate ma efficaci: "E' violenza, sopruso, intimidazione. E io sono contro ogni forma di prevaricazione, fisica o psicologica, sulle persone". Non è una ragazza qualsiasi che esterna su un tema così delicato: è la primogenita di Totò Riina, Maria Concetta, 19 anni, liceale di buon profitto, da mesi inseguita dai giornalisti di tutt'Italia. Recentemente ha ricevuto un sollecito autorevole dal giudice Ilda Boccassini, appena tornata a Milano dopo la parentesi siciliana vissuta a fianco dei colleghi che indagano sulle stragi dell' estate del ' 92. Con un lungo intervento sul Corriere, il sostituto procuratore ha invitato la giovane a rinnegare pubblicamente il padre, responsabile dei crimini più atroci. Adesso, in un' intervista a Panorama, Maria Concetta replica gelida alla Boccassini: "Provo un senso di sgomento e di rabbia perché s' e' permessa di giudicarmi senza conoscermi. Da cosa dovrei dissociarmi? Dall' affetto e dall' amore che il papà m' ha dato fin da quando sono nata? Credo che il suo non sia un buon messaggio per i giovani". Taglierebbe i ponti con suo padre? No, mai, ha risposto Maria Concetta Riina, spiegando: "Come potrei smettere di andarlo a trovare, sapendo che dopo ogni nostro incontro conta i giorni che lo separano dal successivo? E come potrei, ancora, impedirgli di volermi bene? Mi manca, e molto, il papà, se é questo che vuol sapere la dottoressa Boccassini. E son fiera di sentirne la mancanza". Di fronte alle immagini della strage di Capaci, viste in tv, la ragazza dice d' aver provato "lo sgomento che ogni essere umano proverebbe davanti a scene così violente e crudeli" e alla domanda sulle ragioni per cui ha lasciato in anticipo la sala dove si proiettava il film su Falcone spiega: "Ho saputo che fuori c'era il pullman della Rai che aspettava di riprendere la mia uscita e un gruppo di cronisti che volevano intervistarmi. Allora ho preferito uscire prima per evitare d'essere assalita e usata ancora una volta". Sul padre, noto in tutto il mondo come numero uno della mafia, non ha mai avuto dubbi: "Mi vien da ridere quando lo indicano come il boss dei boss di Cosa nostra perché lui ci ha insegnato a non commettere né violenze né soprusi né la minima mancanza di rispetto verso il prossimo". Quanto a lei, ha una sola aspirazione: "Mi piacerebbe andare in giro con un cartello appeso al collo con scritto: "Si prega di non disturbare".
Enzo Mignosi
Corriere della Sera, 1 dicembre 1995
LE PAGINE DI PANORAMA CON L'INTERVISTA
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