di Barbara Schiavulli da Gerusalemme
L'offensiva di Israele a Gaza ha solo scalfito il suo potenziale bellico. I militanti non si arrendono. E dicono: ritorneremo più forti. E sarà vendetta. Viaggio nel movimento fondamentalista
Il segretario di Ayman Daramesh, un parlamentare di Hamas eletto a Jenin, è incollato al televisore. Guarda rapito Al Jazeera, l'unica emittente dentro Gaza dall'inizio dell'attacco israeliano. Le immagini che scorrono sono devastanti. Ecco la strage nel rifugio dell'Onu con 30 morti di cui molti bambini. Sangue, distruzione, silenzio. Scuote la testa, borbotta da solo, poi si illumina, sghignazza e indica lo schermo: ci sono soldati israeliani feriti, alcuni morti, questo servizio gli piace di più. Eppure il suo capo, l'onorevole Daramesh non deve essere uno che dispiace agli israeliani, è quello che si dice "un estremista di Hamas moderato", non disdegna di stringere la mano a una donna, indossa abiti occidentali, parla inglese e dice subito che la "distruzione di Israele non è più nei piani di Hamas". Si parla del futuro, di quello che sarà Hamas dopo l'invasione israeliana a Gaza, degli spiragli diplomatici che si intravedono, delle intenzioni israeliane di indebolire il movimento e di impedire che i 6500 missili lanciati da Gaza dal disimpegno del 2006 che hanno causato la morte di 11 israeliani nel sud, smettano di piovere sulle loro teste. "L'idea della resistenza non si può distruggere come un palazzo. Finché durerà l'occupazione ci sarà resistenza", dice Daramesh. "Le sorti di un movimento salgono e scendono, ma il principio resta costante. Hamas è un movimento popolare che era in piena battuta d'arresto negli ultimi mesi, questo attacco ci ha ridato popolarità". LEGGI TUTTO
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