di Agostino Spataro
Negli anni del fascismo, Natale era “lu friddu e la fame”. Così assicura mio nonno, Agostino Cultrera, bracciante proletario e improvvisatore sopraffino, in una sua poesia dell’epoca, nella quale rivela che per dare al Natale una parvenza di festa fu costretto a svendere la “jocca cu tutti i puddricini” ovvero la chioccia con tutti i pulcini. Si, perché allora il Natale più che un’attesa ricorrenza era una sorta di scadenza indesiderata che si stentava ad onorare. I bambini non s’aspettavano nulla, anche perché Babbo Natale sconosceva queste contrade. Era un po’ questo il Natale dei poveri ossia della stragrande maggioranza della popolazione. Ma anche i ricchi lo vivevano con un certo imbarazzo. Molti lo festeggiavano in sordina, taluni, addirittura, a porte chiuse per non far udire ai poveri, e agli agenti del dazio, i clamori del loro miserabile benessere. LEGGI TUTTO
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