di Luigi Galella
Penso ai miei studenti. Già così smarriti nell’apprendere che avrebbero dovuto «pagare» i debiti entro l’ultimo anno, pena l’esclusione dagli esami di stato. Un momentaccio. Come se dicessero: è proprio con noi che si deve cominciare a fare sul serio? Un’idea terribile: non ci sono più scappatoie, vie di fuga, isole felici.
Del resto accade anche nella vita ordinaria di classe. Ci si rende conto che un metodo non funziona, i ragazzi sono distratti, non rendono, non sanno ciò che si spiega e non ricordano ciò che hanno studiato poco tempo prima. A settembre poi non ne parliamo, sembrano tutti resettati dall’estate, dal sole, dalla vacanza e dalle discoteche.
E allora? Allora ci si inventa qualcosa. Ed ecco che l’insegnante torna a sentire tutta l’urgenza del suo ruolo, del suo esserci. Com’è possibile, si chiede, che i tanti sforzi compiuti partoriscano esiti cosi modesti? (Leggi tutto)
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