Un racconto inedito
di ORIANA FALLACI
Era morto l'uomo che amavo e m'ero messa a scrivere un romanzo che desse senso alla tragedia. Per scriverlo m'ero esiliata in una stanza al primo piano della mia casa in Toscana ed era stato come infilarsi in un tunnel di cui non si intravede la fine, uno spiraglio di luce. La stanza era in realtà un corridoio brevissimo, arredato con alcuni scaffali di libri, un tavolino, una sedia, e male illuminato da una mezza finestra che s'apriva su un campo di ulivi. Al bordo del campo e proprio sotto la mezza finestra, un pero su cui mi cadeva lo sguardo quando alzavo gli occhi in cerca di sole. Non uscivo di casa neanche per recarmi in giardino o alla piscina, non comunicavo nemmeno con le persone della mia famiglia. All'alba mi alzavo, sedevo al tavolino, ci restavo fino a notte inoltrata ammucchiando fogli scritti che a volte approvavo e a volte gettavo. (Leggi tutto)
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