Dieci minuti sono un tempo infinito soprattutto se arrivano prima: non era mai successo che il ricordo di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e gli uomini della scorta fosse anticipato: 17,48 e non 17,58. Simonetta Trovato
Palermo - Mai come quest’anno la parola «loro» ha segnato la frattura: tra chi quando l’autostrada è saltata in aria a Capaci non era ancora nato e chi invece c’era; tra il corteo e il palco istituzionale, tra i ragazzi e «loro». Dieci minuti sono un tempo infinito soprattutto se arrivano prima: non era mai successo che il ricordo di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e gli uomini della scorta fosse anticipato: 17,48 e non 17,58.
Succede tutto in fretta, sul palco davanti all’Albero Falcone Pietro Grasso legge i nomi delle vittime, Giovanni Caccamo canta, qualcuno chiama il trombettiere che non ha neanche i guanti bianchi, glieli passano al volo, si intona il Silenzio, la gente guarda sconcertata gli orologi, dal fondo di via Notarbartolo si sentono già i cori del corteo antimafia. Due minuti e sono tutti nelle berline che si allontanano veloci, gonfaloni ammainati, poliziotti e carabinieri disorientati, la vicina metropolitana vomita ancora gente, alle 17,58 scoppia un applauso spontaneo.