I funerali di Calogero Cangialosi |
Oggi cade il 71° anniversario dell'assassinio di Calogero Cangialosi, segretario della Camera del lavoro di Camporeale, caduto la sera del 1° aprile 1948. Quella sera non faceva più freddo e la piazza
di Camporeale pullulava di contadini che discutevano animatamente tra loro
delle elezioni politiche che si sarebbero tenute il18 aprile. Anche alla Camera
del lavoro quella sera si era tanto parlato di questo. Calogero Cangialosi,
quarantunenne, segretario della Cgil, salutò i presenti per tornare a casa, accompagnato da Vito Di Salvo, Vincenzo Liotta, Giacomo Calandra e
Calogero Natoli. Il loro non era un gesto di cortesia, ma un servizio di
“scorta” che i contadini garantivano da mesi al loro dirigente, ormai nel
mirino della mafia.
Calogero Cangialosi |
Ai funerali parteciparono tutti i contadini del paese e dei comuni
del circondario. In mezzo a loro e accanto ai familiari di Cangialosi c’era
anche il segretario nazionale del Partito Socialista, Pietro Nenni, venuto
personalmente a Camporeale, in Sicilia, per onorare il suo compagno di partito,
trentaseiesimo sindacalista assassinato dalla mafia in quegli anni, subito dopo
Placido Rizzotto ed Epifanio Li Puma. Ma per quell’omicidio, la giustizia
“ingiusta” di allora non riuscì nemmeno a imbastire un processo. Nonostante
tutti sapessero che a impartire l’ordine di morte era stato il proprietario
terriero don Serafino Sciortino, mentre a sparare ci avevano pensato il
capomafia Vanni Sacco e i suoi “picciotti”, si procedette contro ignoti, che
tali rimasero per sempre. Poi sulla vicenda cadde il silenzio.
Calogero Cangialosi i era mezzadro di don Serafino Sciortino, un
grande proprietario terriero di Camporeale. Quando il capolega gli disse senza
mezzi termini che il grano bisognava dividerlo come per legge – 60 per cento ai
contadini, 40 per cento ai proprietari –, don Serafino fece scattare la
“punizione”. Invitò Cangialosi a casa sua per un “ragionamento”, ma il
capomafia Vanni Sacco e i suoi “picciotti” lo sequestrarono, con l’intenzione
di ucciderlo, come la mafia di Corleone aveva fatto con Rizzotto. Ma i
contadini della Camera del lavoro di Camporeale riuscirono a scoprire il luogo
in cui Calogero era tenuto prigioniero e un “commando” di compagni, armati di
lupare, riuscì coraggiosamente a liberarlo. «Questo è avvenuto quattro giorni
prima che lo uccidessero», ha ricordato la moglie Francesca. Purtroppo, la sera
del 1° aprile non fu più così. Stavolta i mafiosi organizzarono un vero e
proprio raid terroristico. Colpito da diversi colpi di mitra, Cangialosi morì,
lasciando soli e nella disperazione la moglie e i suoi quattro figli.
«Ero piccola allora – ha raccontato la figlia Francesca - Avevo
appena 11 anni. Ricordo che quando mio padre tornava a casa, si avvicinava
sempre ai nostri lettini e ci rimboccava le coperte con tanta tenerezza. Lo
ricordo perché a volte facevo solo finta di dormire... Mio padre era una
persona buona, che faceva bene a tutti...».
Dopo qualche anno la moglie e i figli di Cangialosi emigrarono in Toscana, dove sono rimasti per sempre. Nel 1998 il Comune di Camporeale ha dedicato una piazza a Calogero Cangelosi. Ogni anno, la Cgil e il Comune lo ricordano con una cerimonia a cui partecipano anche gli alunni delle scuole. Quest'anno sarà ricordato ufficialmente il 30 aprile, insieme agli altri dirigenti ed attivisti sindacali assassinati dalla mafia, come deciso al congresso della Camera del lavoro di Palermo.
Dopo qualche anno la moglie e i figli di Cangialosi emigrarono in Toscana, dove sono rimasti per sempre. Nel 1998 il Comune di Camporeale ha dedicato una piazza a Calogero Cangelosi. Ogni anno, la Cgil e il Comune lo ricordano con una cerimonia a cui partecipano anche gli alunni delle scuole. Quest'anno sarà ricordato ufficialmente il 30 aprile, insieme agli altri dirigenti ed attivisti sindacali assassinati dalla mafia, come deciso al congresso della Camera del lavoro di Palermo.
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