Lo scorso 14
novembre la commissione straordinaria che amministra il comune di Corleone,
dopo lo scioglimento per infiltrazioni mafiose, con i poteri del consiglio
comunale ha adottato la delibera n. 37 con cui ha scelto di recedere dall’associazione
ASMEL. Una scelta quanto mai opportuna, perché tramite questa associazione,
attraverso una serie di “scatole cinesi”, l’amministrazione Savona aveva
affidato alla Società RTI INFOTIRRENA la riscossione coattiva del tributi (Ici,
Imu, Tarsu, Tares). Un’affidamento deliberato nel dicembre 2013 dalla giunta
Savona, mentre per legge la competenza doveva essere del consiglio comunale (ma nè il segretario nè il sindaco nè assessori ne capirono niente!),
contro la quale le opposizioni fecero le barricate, sostenendo che il
comune aveva le professionalità interne per gestire il servizio. Con la scelta
della maggioranza invece si sprecavano circa 400 mila euro l’anno, che
sarebbero finite nelle tasche della società affidataria. Savona, l’allora
assessore al bilancio Marcello Barbaro e tutta la maggioranza avevano fatto le
barricate, sostenendo (senza dimostrarlo) che invece la scelta era molto
conveniente per il comune di Corleone. Purtroppo per la città di Corleone, il
referente della società affidataria del servizio era stato “consigliere della prima assegnataria e… affine (genero - ndr)
del capo di un mandamento contiguo a quello di Corleone (Belmonte Mezzagno –
ndr),
LEGGI ANCHE LA LETTERA DEL MINISTRO DEGLI INTERNI AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, ALLEGATA AL DECRETO DI SCIOGLIMENTO PER INFILTRAZIONI MAFIOSE DEGLI ORGANI ISTITUZIONALI DEL COMUNE DI CORLEONE
come e’ stato accertato nel corso di indagini condotte dalle forze di
polizia”. Proprio questo affidamento “forzato” è stato uno dei motivi che ha portato
allo scioglimento per infiltrazioni mafiose del comune di Corleone. LEGGI ANCHE LA LETTERA DEL MINISTRO DEGLI INTERNI AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, ALLEGATA AL DECRETO DI SCIOGLIMENTO PER INFILTRAZIONI MAFIOSE DEGLI ORGANI ISTITUZIONALI DEL COMUNE DI CORLEONE
Ecco al riguardo cosa
scrive il ministero dell’interno a p. 12 del decreto di scioglimento per mafia
del comune di Corleone:
«(…) Il comune di
Corleone ha esternalizzato il servizio di accertamento e riscossione dei
tributi, scegliendo un concessionario tra le società selezionate da
un’associazione costituita per l’espletamento di alcuni servizi, alla quale
l’ente ha aderito con delibera di giunta del dicembre 2013. L’iniziativa
dell’amministrazione aveva lo scopo di abbattere i tempi necessari per
l’indizione di una eventuale gara da gestire in proprio, perseguendo, nel contempo,
obiettivi di economicità, convenienza e contenimento dei costi.
La scelta del comune ha
trovato, tuttavia, la ferma opposizione del collegio dei revisori che aveva
contestato la convenienza economica dell’iniziativa, evidenziando anche un non
proficuo utilizzo del personale del competente ufficio comunale. Peraltro,
anche l’Autorita’ nazionale anticorruzione aveva obiettato che la ditta
prescelta non rispondeva ai modelli organizzativi previsti dalla vigente
normativa e che le gare espletate dalla societa’ risultavano prive del
presupposto di legittimazione.
Nonostante i rilievi,
il servizio risulta ancora esternalizzato ed e’ svolto da una ditta subentrata
alla prima societa’ assegnataria, la quale detiene il 45% delle quote azionarie
dell’attuale gestore. Dall’esame della situazione economica del comune, a far
data dall’affidamento del servizio al concessionario, si registra un calo di
oltre 40 punti percentuali nella riscossione ordinaria dei tributi, che passa
dal 73% al 25%.
Tra gli utenti morosi
vi sono esponenti della locale consorteria e familiari di amministratori ed e’
inoltre significativo che il referente della societa’ sia stato consigliere
della prima assegnataria e sia affine del capo di un mandamento contiguo a
quello di Corleone, come e’ stato accertato nel corso di indagini condotte
dalle forze di polizia (…)».
******
ECCO LA LETTERA DEL MINISTRO DEGLI INTERNI AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, ALLEGATA AL DECRETO DI SCIOGLIMENTO PER INFILTRAZIONI MAFIOSE DEGLI ORGANI ISTITUZIONALI DEL COMUNE DI CORLEONE
Al Presidente della Repubblica
Nel
comune di Corleone (Palermo) sono state riscontrate forme di ingerenza da parte
della criminalità organizzata che hanno compromesso la libera determinazione e
l’imparzialità degli organi eletti nelle consultazioni amministrative del 6 e 7
maggio 2012, nonchè il buon andamento dell’amministrazione ed il funzionamento
dei
servizi.
Le
risultanze di alcune indagini della magistratura, unitamente ad un’attenta
attività informativa svolta dalle forze dell’ordine, hanno fatto emergere i
vincoli familiari e i rapporti che legano amministratori ed esponenti
dell’organizzazione mafiosa denominata cosa nostra, nonche’ alcuni
significativi elementi, anche relativi a procedimenti amministrativi, che
rendono plausibili tentativi di infiltrazione mafiosa all’interno dell’ente.
La
descritta situazione ha indotto il prefetto di Palermo a disporre, con decreto
del 15 gennaio 2016, l’accesso presso il comune, ai sensi dell’art. 143, comma
2, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (TUOEL), per gli accertamenti
di rito.
Al
termine dell’indagine ispettiva il prefetto, su conforme parere del Comitato
provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, integrato con la
partecipazione del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palermo
- D.D.A. e del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Termini
Imerese, ha redatto l’allegata relazione in data 23 maggio 2016, che
costituisce parte integrante della presente proposta, in cui si da’ atto della
sussistenza di concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti
ed indiretti degli amministratori locali con la criminalita’ organizzata di
tipo mafioso e su forme di condizionamento degli stessi, riscontrando pertanto
i presupposti per l’applicazione della misura prevista dall’art. 143 del TUOEL.
I
lavori della commissione hanno preso in esame, oltre all’intero andamento
gestionale dell’amministrazione comunale, la cornice criminale ove si colloca
l’ente locale, con particolare riguardo ai rapporti tra gli amministratori e la
locale consorteria.
Il
contesto mafioso del mandamento di Corleone - che si e’ connotato per il clima
di omerta’, di connivenze e per la forte contiguita’ delle diverse consorterie
locali - ha espresso, negli anni, un’organizzazione criminale particolarmente
efferata ed autorevole, i cosiddetti corleonesi, che annovera personaggi la cui
portata criminale ha travalicato i confini locali, mantenendo integra, nel
tempo, l’organizzazione economica e sociale dei clan, nonostante le diverse
vicende che hanno interessato i sodali.
La
cattura di esponenti storici e di personaggi di spicco del sodalizio e le successive
condanne a lunghe pene detentive hanno fatto si’ che la conduzione degli
interessi di cosa nostra venisse affidata a fiduciari, legati agli esponenti
criminali da stretti vincoli familiari. In tal modo, il figlio di uno stretto
congiunto di un capomafia corleonese assumera’ la carica di capo mandamento di
Corleone in assenza del vertice mafioso, gestendo, insieme ad un altro
congiunto, importanti interessi economici legati ad affari illeciti.
Analogamente, nel periodo di latitanza, un diverso vertice di cosa
nostra, affidera’ al figlio di un vicino parente, di cui e’ stato comprovato il
ruolo apicale all’interno dell’organigramma corleonese, la cura degli affari
dell’organizzazione criminale e la gestione dell’aspetto logistico della
latitanza del boss mafioso. Lo stesso reggente del sodalizio costituira’ anche
il fondamentale tramite per dare esecuzione agli ordini impartiti dal latitante
e per la riscossione delle tangenti sul territorio.
Dopo
l’arresto dei due fiduciari di cui si e’ fatto cenno, secondo quanto risulta
dalle indagini condotte dalla magistratura inquirente, il mandamento e’ stato
affidato ad altro sodale, che ha mantenuto stretti rapporti con le citate
famiglie mafiose, essendo ad esse legato per vincoli familiari. Nel novembre
2015, il predetto sodale reggente del mandamento e’ stato arrestato per il
reato di associazione a delinquere di stampo mafioso, all’esito di attivita’
investigative svolte a seguito della denuncia di un funzionario di altro ente,
destinatario di un episodio estorsivo.
Le
indagini hanno evidenziato la presenza sul territorio di un’organizzazione
criminale prevalentemente dedita alla commissione di reati estorsivi col tipico
metodo mafioso ed hanno definito ruoli e funzioni degli appartenenti al
sodalizio, permettendo cosi’ anche la ricostruzione dell’assetto della famiglia
mafiosa di un comune contermine. A tal riguardo, infatti, le investigazioni
hanno messo in luce il ruolo di riferimento e di collegamento tra la famiglia
mafiosa del predetto comune e’ il mandamento corleonese, svolto da un
dipendente del comune di Corleone, che si e’ dimostrato in grado di risolvere i
conflitti tra i due gruppi criminali, con determinazione ed esercitando un
potere carismatico, pur mantenendo un atteggiamento di basso profilo per non
insospettire le forze dell’ordine.
Il
predetto dipendente comunale e’ stato tratto in arresto nel settembre 2014 in
quanto ritenuto responsabile, in concorso con altri, del reato di estorsione ed
associazione per delinquere di stampo mafioso e lo scorso 22 febbraio 2016 e’
stato condannato, in primo grado, alla pena di anni 12 di reclusione. Fonti
tecniche di prova hanno consentito di appurare il ruolo centrale svolto dallo
stesso all’interno dell’organizzazione criminale, in occasione degli incontri
tra soggetti affiliati mafiosi, per programmare attivita’ delittuose.
Quanto
all’amministrazione comunale, e’ innanzitutto significativo che gran parte
degli amministratori eletti nel corso delle consultazioni amministrative del
2012 avesse gia’ fatto parte degli organi di governo dell’ente nella precedente
consiliatura e, talora, anche in quella eletta nel 2002. Nella consiliatura
2007-2012, infatti, oltre la meta dei consiglieri dell’ente erano gia’ stati
componenti del consiglio comunale e, in particolare, il sindaco in carica aveva
svolto le funzioni consiliari ed il vicesindaco quelle di presidente del consiglio
comunale.
Dalle
risultanze dell’accesso emerge anche una contiguita’ tra esponenti della
criminalita’ organizzata corleonese o tra persone ad essi vicine e gli
amministratori comunali, favorita da un fitto intreccio di legami parentali, da
rapporti di frequentazione o da una comunanza di interessi economici.
Gli
accertamenti ispettivi hanno, inoltre, messo in luce alcune circostanze indicative
dei rapporti tra i componenti del governo locale e cosa nostra.
I legami tra la famiglia del
sindaco e la locale famiglia mafiosa sono suggellati anche da particolari
vincoli che assumono, in quel territorio, un alto valore simbolico all’interno
delle consorterie: si tratta della scelta del “padrino” o della “madrina” in
occasione della celebrazione di sacramenti religiosi. Emblematica e’ la circostanza
che i “padrini” sia del primo cittadino che di un suo stretto parente siano
esponenti o persone strettamente imparentate con personaggi della mafia locale.
Tra
gli amministratori, assume rilievo l’incontro tra un assessore ed un soggetto
condannato per associazione di stampo mafioso avvenuto all’interno di un
esercizio commerciale, nel febbraio 2015, nel corso del quale i due si sono
salutati scambiandosi il rituale “doppio bacio” mafioso.
Quanto
ai consiglieri comunali, rileva ai fini della presente relazione il danneggiamento
ad un escavatore subito da un amministratore, eletto tra le fila della
maggioranza ma passato all’opposizione per contrasti con il sindaco.
L’evento
- secondo le successive indagini - e’ da ritenere una forma di ritorsione nei
confronti del consigliere, considerato troppo vicino ad un imprenditore -
titolare di una ditta individuale e di altra societa’ - con il quale aveva
costituito una societa’ imprenditoriale di fatto, non legalmente formalizzata.
Infatti, l’escavatore, di proprieta’ dell’imprenditore era in realta’ in uso
esclusivo dell’amministratore che, nella circostanza, dichiarava agli
inquirenti di aver acquistato il mezzo, ma di non aver ancora provveduto al
relativo passaggio di proprieta’. Dell’imprenditore, il cui nominativo risulta
nell’albo delle ditte di fiducia dell’ente, relativo agli anni 2012/2015, il
prefetto di Palermo segnala i rapporti con la consorteria mafiosa.
Nel
corso di indagini finalizzate ad individuare gli autori di un reato di tentata
estorsione ai danni di un imprenditore - titolare di una ditta che e’ risultata
affidataria nel 2013 di lavori presso il campo sportivo comunale - e’ emerso
che un soggetto, poi divenuto consigliere comunale a Corleone, si era
interessato affinche’ il predetto imprenditore facesse lavorare, all’interno
del cantiere, una ditta vicina a cosa nostra, nonche’ il congiunto di un sodale
e un mafioso appena scarcerato, parente e fiancheggiatore del locale capomafia,
di cui si e’ detto in precedenza.
Nella
vicenda e’ coinvolto anche il predetto dipendente comunale - allora custode del
campo sportivo, nei cui uffici si svolgevano incontri tra associati ed
affiliati mafiosi per programmare attivita’ delittuose - che ha esercitato
pressioni finalizzate all’assunzione dell’esponente malavitoso.
Emblematica
e’ la circostanza che il comune non si sia costituito parte civile nel
procedimento penale instaurato dopo l’arresto del proprio dipendente.
Gli
accertamenti ispettivi della commissione d’accesso tratteggiano una struttura
amministrativo-burocratica formata da soggetti legati tra loro da rapporti
parentali o adusi a frequentazioni controindicate.
L’apparato
burocratico ha subito, nel tempo, diversi interventi di riorganizzazione, con
frequenti cambi ai vertici dei settori e con la costituzione di due ulteriori
uffici tecnici posti alle dipendenze di persone assunte con contratto a tempo
determinato e part-time, cui sono state attribuite mansioni sottratte alle
strutture gia’ esistenti. L’iniziativa di nominare i due nuovi capi-settore,
secondo quanto riferito da due amministratori dell’ente,
sarebbe stata assunta direttamente dal sindaco, senza consultazioni con la
maggioranza consiliare e con la giunta, ed avrebbe inciso sulle competenze di
due dirigenti tecnici di ruolo del comune, preposti ai servizi le cui
attribuzioni sono state ridotte.
La
rete familiare e la comunanza di interessi con la criminalita’ organizzata ha
costituito il substrato nel quale si e’ esplicato il condizionamento
dell’amministrazione, comprovato da una serie di fatti gravi e concreti, che
hanno determinato una situazione di vantaggio per soggetti facenti parte di
cosa nostra o vicini alla consorteria, la cui responsabilita’ deve essere
ricondotta all’ente.
Le
attivita’ connesse alla gestione del ciclo dei rifiuti sono quelle che
suscitano maggiore interesse da parte della criminalita’ organizzata, sia per
gli enormi proventi che ne derivano, sia per la possibilita’ di esercitare un
capillare controllo del territorio.
Il
comune di Corleone - che insieme ad altri comuni faceva parte dell’Area Territoriale
Ottimale Palermo 2 (ATO PA 2), oggi in fallimento - sfruttando le difficolta’
incontrate dalla societa’ incaricata della raccolta, ha garantito a societa’
private, collegate a consorterie mafiose locali, lo svolgimento del servizio di
raccolta rifiuti.
Secondo
quanto emerge anche dagli atti della commissione d’accesso, il comune ha
perseguito gli interessi delle locali famiglie mafiose, fin dai primi momenti
di crisi dell’ATO, ostacolando le procedure comunali relative all’istituzione
dell’Area di raccolta ottimale (ARO), prevista da specifiche disposizioni
regionali in materia di gestione del ciclo dei rifiuti.
Grave
e’, infatti, la circostanza che nonostante, nel 2014, l’Ufficio tecnico comunale
avesse preparato tutta la documentazione costitutiva dell’ARO, nonche’ il Piano
di intervento per la raccolta dei rifiuti solidi urbani sul territorio di Corleone,
dopo l’approvazione da parte della giunta, la relativa delibera consiliare non
sia mai stata adottata, per espressa volonta’ del sindaco.
Per
contro, il sindaco, dal mese di febbraio 2015, ha dato avvio ad una gestione
straordinaria del servizio disponendo, con proprie ordinanze contingibili ed
urgenti, interventi sussidiari attraverso noli affidati a due imprese, di cui
una riconducibile ad un soggetto vicino alla locale famiglia mafiosa, che ne
e’ di fatto l’amministratore, e l’altra amministrata da un componente del
consiglio di amministrazione della prima.
Nei’
confronti delle predette ditte, il prefetto di Palermo, lo scorso 15 luglio
2016, ha emanato distinti provvedimenti interdittivi, disponendo anche, per una
delle imprese, la cancellazione e, per l’altra, il diniego dell’iscrizione
nella cosiddetta white list, istituita presso la prefettura di Palermo.
Gli
accertamenti svolti dalla commissione di accesso hanno reso evidente che i noli
contratti dall’amministrazione comunale celano un vero e proprio affidamento di
appalto del servizio.
Il
prefetto osserva che, solo nel novembre 2015 e nel febbraio 2016, i rapporti
con la seconda ditta saranno disciplinati con due contratti stipulati in forma
pubblica, ma privi dei piu’ elementari requisiti dell’atto pubblico e, cioe’,
dell’indicazione circa l’esatta durata del
contratto e della specificazione del costo del servizio in un arco temporale
preciso. Infatti, la durata dell’appalto viene collegata “all’esaurimento
delle risorse impegnate”.
Singolare
e’ anche la circostanza che i due contratti siano stati sottoscritti in vigenza
di un atto di indirizzo della giunta che - esercitando una competenza impropria
- dichiara cessato lo stato di emergenza ed incarica il responsabile del
servizio di espletare una regolare procedura di’ gara.
Il
comune di Corleone ha esternalizzato il servizio di accertamento e riscossione
dei tributi, scegliendo un concessionario tra le societa’ selezionate da
un’associazione costituita per l’espletamento di alcuni servizi, alla quale
l’ente ha aderito con delibera di giunta del dicembre 2013. L’iniziativa
dell’amministrazione aveva lo scopo di abbattere i tempi necessari per
l’indizione di una eventuale gara da gestire in proprio, perseguendo, nel
contempo, obiettivi di economicita’, convenienza e contenimento dei costi.
La
scelta del comune ha trovato, tuttavia, la ferma opposizione del collegio dei
revisori che aveva contestato la convenienza economica dell’iniziativa, evidenziando
anche un non proficuo utilizzo del personale del competente ufficio comunale.
Peraltro, anche l’Autorita’ nazionale anticorruzione aveva obiettato che la
ditta prescelta non rispondeva ai modelli organizzativi previsti dalla vigente
normativa e che le gare espletate dalla societa’ risultavano prive del
presupposto di legittimazione.
Nonostante
i rilievi, il servizio risulta ancora esternalizzato ed e’ svolto da una ditta
subentrata alla prima societa’ assegnataria, la quale detiene il 45% delle quote
azionarie dell’attuale gestore. Dall’esame della situazione economica del
comune, a far data dall’affidamento del servizio al concessionario, si registra
un calo di oltre 40 punti percentuali nella riscossione ordinaria dei tributi,
che passa dal 73% al 25%.
Tra
gli utenti morosi vi sono esponenti della locale consorteria e familiari di
amministratori ed e’ inoltre significativo che il referente della societa’ sia
stato consigliere della prima assegnataria e sia affine del capo di un
mandamento contiguo a quello di Corleone, come e’ stato accertato nel corso di
indagini condotte dalle forze di polizia.
Come
rileva il prefetto di Palermo, i titolari di molte delle imprese iscritte
all’albo si trovano in rapporti di forte contiguita’ o addirittura di appartenenza
alle locali consorterie mafiose. Dette ditte sono risultate destinatarie di
affidamenti diretti o a trattativa privata per l’esecuzione di lavori o per
l’espletamento di servizi di competenza comunale. Si fa, in particolare,
riferimento ai lavori eseguiti negli anni 2012-2015 da una ditta il cui
titolare e’ aduso a frequentazioni controindicate ed e’ stato coinvolto nella
vicenda relativa alla tentata estorsione di cui si e’ gia’ parlato ed a quelli
affidati in via diretta ad altra ditta, i cui soci sono stati reiteratamente notati
dalle forze di polizia in compagnia di esponenti, anche di spicco, del clan
locale.
Quanto
ai servizi, viene segnalato quello relativo alla mensa scolastica, assegnato
ad una ditta vicina alla criminalita’ organizzata, con procedura anomala
caratterizzata dal frazionamento dell’appalto, che e’ quindi rimasto sempre sotto-soglia.
Anche
in occasione dell’affidamento di incarichi legali, l’azione dell’ente e’ stata
condizionata dagli interessi della criminalita’ organizzata: nonostante il
comune si sia dotato di un albo di legali di fiducia e la relativa attivita’
sia disciplinata da disposizioni regolamentari, la difesa dell’amministrazione
in tutti i contenziosi stragiudiziali e’ stata affidata ad un avvocato legato
da vincoli parentali con la famiglia mafiosa corleonese.
Nonostante
la precaria situazione finanziaria e le raccomandazioni del collegio dei
revisori, l’amministrazione ha erogato un generoso contributo ad una associazione,
consentendole anche di realizzare una manifestazione per le vie cittadine,
senza versare il pagamento per l’occupazione del suolo pubblico. Anche in
questo caso, rilevano i vincoli familiari degli amministratori
dell’associazione - di cui e’ vicepresidente un amministratore comunale - con
un esponente malavitoso locale.
Dalle
risultanze dell’accesso emergono, inoltre, i rapporti tra l’amministratore
protagonista del citato fatto avvenuto all’interno dell’esercizio commerciale e
un’associazione sportiva, reiteratamente destinataria di contributi negli anni
2012, 2013 e 2015, nonostante i pareri contrari espressi dal responsabile del
servizio - che aveva osservato la mancata produzione della documentazione
prevista dal regolamento dell’ente - e dal Segretario generale che, in qualita’
di responsabile dell’anticorruzione, rilevava l’assoluta inopportunita’ ed
incoerenza dell’elargizione rispetto al Piano triennale per la Prevenzione
della Corruzione.
Il
prefetto di Palermo segnala anche una serie di vicende che meritano, in questa sede,
una particolare attenzione.
La
prima riguarda la partecipazione ad una manifestazione internazionale di una
ditta riconducibile alla criminalita’ organizzata, il cui titolare ha attivamente
sostenuto la candidatura dell’attuale sindaco. Nell’occasione, la selezione dei
partecipanti - che in adesione alle previsioni di un progetto europeo avrebbe
dovuto riguardare un massimo di venti operatori agro-alimentari della provincia
- e’ stata gestita dall’amministrazione comunale in modo da assicurare la partecipazione
all’evento esclusivamente alla predetta ditta e, per di piu’, con oneri a
carico del comune. Sulla vicenda e’ stato avviato un procedimento penale, in
fase di indagini preliminari.
Un’altra
vicenda riguarda l’assunzione, nel mese di aprile 2015, di uno stretto
congiunto del locale capomafia, presso una scuola statale, in relazione ad una
sentenza del Tribunale amministrativo regionale Sicilia che sanciva l’obbligo
per l’ente di assegnare una assistenza igienica in favore di un minore. La procedura
di reclutamento e’ connotata da lacune ed anomalie, tanto evidenti da indurre
al deferimento all’autorita’ giudiziaria del funzionario responsabile.
Viene,
infine, segnalato il comportamento del sindaco in relazione ad un progetto
commerciale per la raccolta del latte proveniente dall’Alto Belice, da
convogliare presso un impianto di proprieta’ comunale per essere poi trasferito
fuori regione ed immesso nella grande distribuzione. Fonti tecniche di prova
attestano l’interesse di cosa nostra a monopolizzare l’intera raccolta del
latte nell’area corleonese, attraverso un
accordo sul prezzo di detto bene primario che avrebbe consentito
all’organizzazione criminale di essere piu’ competitiva sul mercato.
E’
un dato fattuale la circostanza che al sopralluogo presso l’impianto comunale
- organizzato da un esponente malavitoso locale sfruttando i solidi rapporti
con un congiunto del sindaco - abbia partecipato il primo cittadino, che ha
accolto i partecipanti all’incontro. Secondo quanto risulta dalle predette
prove tecniche, al termine della visita all’impianto il boss ha riferito ad un
proprio parente la disponibilita’ del congiunto del sindaco ad
intercedere
presso l’amministrazione comunale per ottenere un canone d’affitto conveniente.
Le
vicende analiticamente esaminate e dettagliatamente riferite nella relazione
del prefetto hanno rivelato una serie di condizionamenti nell’amministrazione
comunale di Corleone, volti a perseguire fini diversi da quelli istituzionali,
che determinano lo svilimento e la perdita di credibilita’ dell’istituzione
locale, nonche’
il pregiudizio degli interessi della collettivita’, rendendo necessario l’intervento
dello Stato per assicurare il risanamento dell’ente.
Ritengo,
pertanto, che ricorrano le condizioni per l’adozione del provvedimento di
scioglimento del consiglio comunale di Corleone (Palermo), ai sensi dell’art.
143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
In
relazione alla presenza ed all’estensione dell’influenza criminale, si rende necessario
che la durata della gestione commissariale sia determinata in diciotto mesi.
Roma,
4 agosto 2016
Il Ministro dell’Interno:
Alfano
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